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Punto di partenza: Piacenza
Per chi proviene da Milano: autostrada A1 uscita Piacenza nord
Per chi proviene da Bologna: autostrada A1 uscita Piacenza sud
Per chi proviene da Brescia: autostrada A21 uscita Piacenza sud
Per chi proviene da Torino: autostrada A21 uscita Piacenza ovest
Dal salotto buono di Piazza Cavalli, ci dirigiamo su corso Cavour, direzione nord; obiettivo la ciclabile del Po, sponda “magotta”. Un altro percorso adatto a tutte le tipologie della galassia cicloturistica; dalle famiglie all’agonista che vuole fare velocità senza rinunciare per questo a dare un’occhiata al grande fiume Po; in fondo siamo in una delle più vaste valli d’ Europa, piatta ed anche (leggermente) monotona vista da fuori, ma che nasconde dei piccoli tesori da scoprire. Dopo aver dato una sbirciatina al magnifico palazzo Farnese, imbocchiamo la ciclabile che, a fianco della via Emilia, scavalca il fiume e, arrivati al cartello che indica Pavia giriamo a sinistra, proseguendo sulla recente ciclovia che costeggia la SS 9. Larga, con il manto stradale liscio, la staccionata in legno che la delimita su entrambi i lati infonde una certa sicurezza al ciclista. La posizione sopraelevata rispetto al traffico veicolare aumenta notevolmente questa sensazione e, seduti sulla bici, pedaliamo in souplesse, guardando dall’alto al basso le auto ed i camion. Ci sentiamo sicuri, una sensazione difficile da provare quando si è in bici, perché noi siamo per definizione, assieme ai pedoni, l’utenza debole della strada.
Superati centri commerciali e fabbriche, posti dall’altra parte della sede stradale, dopo San Rocco, arriviamo alle porte di Guardamiglio e ci colleghiamo con l’argine principale piegando leggermente a sinistra. Qui finisce la parte protetta; da qui in avanti si prosegue in tranquillità ma sempre guardinghi allo scarso traffico veicolare. Cascine sparse, pioppeti, corvi, gazze e qualche airone che, con le loro traiettorie, solcano l’aria, trattori al lavoro; un ritratto a 360 gradi di un mondo contadino che sembra ancora vivo. Dalla modesta altezza dell’argine è possibile vedere una grande fetta di pianura, campanili tra gli alberi, sentieri che si perdono nei campi, borghi disseminati tra un mare di verde. All’altezza di Valloria, sulla nostra sinistra ecco il profilo delle “nostre” montagne.
Proseguiamo fino alla località Gargatano, in quel di Somaglia, proprio affacciati sul grande fiume gonfio di acqua che, visto da vicino, mette sempre un po’ di soggezione. Abbiamo percorso 15 km e dopo una breve sosta per un panino, ritorniamo sulle nostre pedalate precedenti, ripercorrendo in senso inverso il tragitto verso il centro città. Nella versione famigliare e cicloturistica saranno circa 30/32 km di una bella passeggiata, adatta a tutti. Se invece si vuole proseguire sull’argine, dopo circa 800 metri di sterrato compatto, si prosegue fino a raggiungere la foce del Lambro che si butta nel Po, all’altezza di Lambrinia, ormai al confine con la provincia pavese, passando per un tratto di bassa lodigiana che mette in mostra alcuni piccoli gioielli architettonici: villa Litta a Orio, che si staglia imponente all’orizzonte, la piccola chiesa di Corte S. Andrea appena sotto l’argine, e l’antico guado con la sponda piacentina, della via Francigena sul grande fiume.
Fino alla Corte l’asfalto, in buone condizioni, è adatto per qualche chilometro anche alle alte velocità, fuori dal traffico delle statali, in un contesto naturalistico notevole. Il fondo scorrevole sommato alla quasi assenza di auto, consente a chi ha birra in corpo di provare per diversi chilometri il massimo rapporto e la gamba. In questo caso si potrà pedalare per circa 70 km perfettamente in piano, senza l’assillo di guardarsi le spalle. Un percorso di andata e ritorno che mette d’accordo tutte le anime che usano e amano un mezzo meccanico che fa della versatilità il suo punto forte.
Tratto da "Cicloturismo in Libertà 2" di Dino Schiavi e Graziano Majavacchi
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