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Punto di partenza: Niviano
Per chi proviene da Milano: uscita autostrada A1 Piacenza sud, tangenziale sud di Piacenza direzione Genova, SS 45 direzione Genova. Dall’uscita A1 a Niviano 20 km.
Per chi proviene da Bologna: uscita autostrada A1 Piacenza sud, tangenziale sud di Piacenza direzione Genova, SS 45 direzione Genova. Dall’uscita A1 a Niviano 20 km.
“Primadonna” incontrastata della media Val Trebbia, inconfondibile, la Pietra Parcellara domina gran parte della vista e sorprende il cicloturista ad ogni curva, cambio di direzione, ad ogni uscita dal bosco; il nostro luogo preferito. Partiamo da Niviano, strada bassa per Pieve Dugliara, poi Rivergaro; a Bellaria a destra e giù fino al bivio per Statto. Poi a sinistra, 2,5 km della salita di Pigazzano, fino al bivio per Momeliano. Si pedala tra dolci saliscendi a mezza costa, osservando dalla “panoramica” omonima la bassa pianura gonfia di caldo e smog. Noi scappiamo via veloci; al paese a sinistra una breve rampa e poi subito a destra per Rezzanello. La stradina è asfaltata per 1 km, poi diventa sterrata e ondulata sbucando a fianco della chiesa, con l’imponente castello davanti a noi. Prendiamo a sinistra il lungo rettilineo in decisa salita con pendenze toste fin dopo la curva. Si prosegue nel bosco fino a Monticello, 554 mslm, dove un altro maniero medioevale e una lapide che ricorda le lotte partigiane segnano l’inizio della parte più scenografica del giro. Rinfrescati alla fontana, con la veduta della torre di Monteventano sotto di noi, la stradina comincia ad ondeggiare sul crinale, fino ad iniziare a scendere in maniera decisa.
Ed è qui, poco prima di iniziare a perdere quota, che fa la sua entrata scenografica la Pietra Parcellara, ancora distante, con la sua sagoma così singolare. Domina tutto il paesaggio, sembra quasi ti venga incontro. Una vista incredibile che ci accompagnerà per un lungo tratto. Alla fine della discesa filante, tecnica, con curve e controcurve, prendiamo a destra superando la svettante torre di Bobbiano e l’agriturismo di Bellaria. Per la cronaca, qui inizia lo strappo di 1500 m circa di Scarniago e Madellano. È puro terrore cicloturistico, con pendenze superiori al 20-22%. Il nostro consiglio è di provarlo solo se in piena forma, con rapporti adatti, o se dovete scontare una grande penitenza. Affrontato soltanto una volta con risultato prevedibile, è lo strappo più duro di tutta la provincia di Piacenza. Della serie “quando la bici diventa uno strumento di tortura”. Stavolta restiamo prudentemente sulla strada che ci porta sulla Pietra; senza grandi difficoltà superiamo con calma i pochi km di salita che ci separano dalla vetta, godendoci pienamente il panorama. Dopo la struggente vista della chiesetta di S. Anna sulla Pietra Perduca, e le quattro case di Termine Grosso, giungiamo al piccolo altopiano dove la sagoma triangolare della cuspide ofiolitica troneggia, solitaria ed austera.
Un quadro naturale perfetto che, come sempre ci capita quando arriviamo qui, ci emoziona profondamente. Il mix di colori, il rumore del vento, la stradina che taglia con ampie curve l’altopiano, il verde dei campi e l’azzurro del cielo che si toccano. Prima di scollinare al passo Caldarola, 747 mslm, un’altra deviazione sulla destra per il monte Bogo. Anche qui sono 500 metri di incoscienza cicloturistica ma, arrivati dove l’asfalto termina, la veduta da un’altra angolazione della Pietra vale ampiamente lo sforzo fatto; si resta letteralmente senza parole.
La discesa verso Bobbio ci regala ancora lunghi momenti dove è impossibile togliere lo sguardo dal grumo di roccia che svetta solitaria all’orizzonte. È proprio vero; una montagna che ti sorprende sempre, che cambia aspetto e colore ad ogni curva, ad ogni singolo raggio di sole che la colpisce. Dopo l’immancabile sosta ristoratrice alla trattoria di Costa Filietto la strada, ora liscia come un tappetino di velluto, ci proietta in un lampo sulla SS 45, in direzione del capolinea. Chiudiamo il giro velocemente, dopo circa 70 km e 1.100 m di dislivello. Il giro della Pietra, scolpito per sempre nelle nostre menti.
Tratto da "Cicloturismo in Libertà" di Dino Schiavi e Graziano Majavacchi
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