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La linea di confine che separa la provincia di Piacenza da quella di Parma nel suo tratto più meridionale corre sulle cime di montagne tra le più imponenti della zona. In successione si appoggia sulle vette dei monti Camulara, Ragola, Zovallo, Nero e Maggiorasca, quasi tutti nomi ben noti a chi dedica un minimo d'attenzione agli aspetti naturalistici del nostro territorio. La fama del Maggiorasca nasce dal suo primato in altezza: i 1799 metri della cima sovrastano tutte le alture piacentine. I monti Nero e Zovallo brillano di luce riflessa, dalla notorietà del lago omonimo, il primo, e dall'importanza del valico che porta a Santo Stefano d'Aveto, il secondo. La struttura rocciosa e massiccia, ben visibile da lunga distanza, è la fortuna del Ragola.
E il Camulara? Il più settentrionale del gruppo è forse quello meno conosciuto a chi non è appassionato di escursionismo, ragione in più per esplorarlo e scoprirne la discreta bellezza. La sua forma allungata, non aguzza, risparmia quasi sempre pendenze impegnative, al modesto prezzo di una marcia d'avvicinamento di qualche chilometro; in alto il diradamento della vegetazione d'alto fusto (ma la sommità rimane nascosta) offre magnifiche aperture panoramiche sui dintorni, facendone un punto di osservazione privilegiato sul dirimpettaio Monte Ragola. È solcato da sentieri ben segnalati, spesso di considerevole larghezza, che quasi mai lasciano dubbi d'orientamento. Soltanto in presenza di nebbia diventa difficile tenere la giusta direzione muovendosi dentro Prato Grande, dal quale iniziano le pendici occidentali del Camulara. La prateria, infatti, offre scarso supporto alla disposizione puntuale del segnavia: le piante sono molto distanti tra loro, e i massi che sporgono dal terreno sono poco evidenti. Evitando quindi di intraprendere la camminata in condizioni meteorologiche incerte si potrà apprezzare il fascino di questi luoghi senza essere disturbati da alcuna preoccupazione.
Superato Farini d'Olmo si procede in direzione Ferriere. Quando si raggiunge Cantoniera si abbandona la principale, che gira a destra e scavalca il Nure, e si va dritto, seguendo le indicazioni per San Gregorio e Cassimoreno. Arrivati al borgo di Le Moline si entra nell'abitato (deviazione a destra) e, proprio in centro, si gira ancora a destra. Da lì si raggiungono San Gregorio (a sinistra all'incrocio che lo precede, ma è ben indicato) e, finalmente, Cassimoreno. Quando la strada, uscendo in salita dal paese, piega a destra, la si lascia e si va dritto per qualche decina di metri raggiungendo così il cimitero, davanti al quale si parcheggia.
Si segue la strada che costeggia il cimitero e che subito, da asfaltata che era, diventa sterrata. Alla prima biforcazione che si incontra si va a destra, accedendo subito a uno spiazzo che si attraversa per passare poi oltre una sbarra che impedisce il transito ai veicoli a motore. Si cammina per altri 5 minuti in piano, quindi, al termine dell'apertura su un prato, si comincia a salire. Dopo 3 minuti si piega a destra stretto, ignorando la deviazione sulla sinistra. In 20 minuti senza incertezze si arriva alla strada di crinale che dal Passo Pianazze porta al Monte Camulara; la si imbocca verso destra, come chiaramente invita a fare, tra gli altri, il cartello “035 Granere - M. Camulara”. 10 minuti più avanti si passa oltre un cancello e subito ci si trova a un bivio, al quale si tiene la destra, continuando a salire. Dopo un quarto d'ora si sta a destra, guidati da un puntuale cartello “M. Camulara”, mentre si trascura l'indicazione per Granere a sinistra. Si entra in una magnifica faggeta, popolata di esemplari molto alti, poi si esce allo scoperto e si supera un altro cancello, dopodiché si arriva al luogo detto “I Termini”, come recita un segnavia.
Qui si biforca l'ideale racchetta che si va percorrendo; cartelli indicano Prato Grande e Passo dello Zovallo a destra (sentiero 035), a sinistra Monte Camulara e, ancora, Prato Grande (sentiero 039): si tiene la direzione di sinistra. Per qualche minuto i due percorsi si mantengono paralleli, poi si separano. Ci si immette su un'ampia strada in salita, e meno di 10 minuti più tardi si vede l'indicazione per la Grotta del Partigiano, a destra, verso il fitto del bosco; la si ignora (oppure, se lo si desidera, si raggiunge la grotta e poi si torna sui propri passi) e si va dritto, ma ancora per poco, perché 3 minuti dopo si abbandona la strada principale per inerpicarsi su un sentiero a destra, come sempre ben segnalato. In 10 minuti di pendenza impegnativa si arriva al cosiddetto Arco del Camulara, dopo il quale la camminata diviene più agevole, in moderato saliscendi. La quota di 1.534 metri raggiunta, infatti, si manterrà quasi inalterata per tutta la lunghezza del monte, la cui punta (che si costeggerà soltanto) è di 1563 metri. Soltanto dopo 20 minuti si comincia a scendere con decisione, puntando verso Prato Bure, nella sella che divide dal Monte Ragola, ormai ben visibile davanti a sé. Raggiunto il limitare del prato si segue il segnavia che conduce verso destra, rimanendo fra gli ultimi alberi del pendio per una decina di minuti scarsa, costeggiando a distanza un ruscello. Il momento di curvare a destra, seguendo la forma naturale delle pendici del Camulara, viene evidenziato da un palo prossimo al corso d'acqua sul quale sono affissi cartelli dei quali, dalla posizione raggiunta, è possibile vedere solo il dorso; se, per sicurezza, si vuole raggiungere il palo e leggere le indicazioni, si seguirà quella per il Passo Pianazze.
Si cammina ormai pochi metri più in alto di Prato Grande, gettando avanti lo sguardo sui segnavia che si susseguono ora su una roccia, ora su un tronco; è questo il tratto più problematico in caso di scarsa visibilità. Un quarto d'ora dopo i bolli biancorossi conducono a una mulattiera sconnessa ma larga che, presto, entra nel bosco. Per più di mezz'ora si cammina senza incertezze, scendendo e, meno spesso, risalendo; poi, dove la strada sale curvando a destra, la si abbandona e si volta a sinistra (cartello per Passo Pianazze). In meno di 5 minuti si arriva ai Termini, al punto di raccordo della racchetta. Si piega a sinistra per ripercorrere, in senso opposto, il tragitto dell'andata, ritrovando così i riferimenti già noti. In tre quarti d'ora si arriva all'innesto del sentiero per Cassimoreno, a sinistra; attenzione a riconoscerlo, perché i cartelli presenti, orientati diversamente, riportano altre località (ad esempio Passo Pianazze, dritto). Si gira dunque a sinistra e, in mezz'ora, si arriva dove è parcheggiata la vettura.
Tratto da "Sentieri Piacentini 2" di Giorgio Carlevero
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