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A dispetto della rilevanza orografica delle catene dell'alta Val Nure, capitanate dall'imponente Maggiorasca e caratterizzate dalle quote costantemente superiori ai 1.700 metri, il monte più rappresentativo dell'Appennino piacentino può forse essere considerato l'Aserei. Sono molti gli aspetti che contribuiscono a definirlo tale: la sua posizione di spartiacque tra il Trebbia e il Nure nel cuore della provincia; gli importanti torrenti a cui dà vita, dai due Curiasca del versante ovest al Grondana che raggiunge Ferriere; la maestosità delle sue larghe pendici, che compensa la non eccezionale altezza di 1.432 m; non ultima, la facile accessibilità: si può arrivare in vetta a piedi senza difficoltà, ma anche con un fuoristrada, partendo da uno qualsiasi dei punti cardinali. Occorre aggiungere la sua bellezza riposante, con la pineta che, da lontano, assomiglia a una criniera che, con aderenza etimologica, si snoda lungo tutto il crinale, con gli ampi pascoli appoggiati su forme plastiche, mai spigolose.
Una salita alla cima è possibile in tutte le stagioni, pur di non sottovalutare il freddo in quella invernale. La neve di gennaio e la fioritura della primavera sono gli ornamenti che meglio sottolineano il suo morbido fascino. La camminata qui descritta è del tutto priva di pericoli. Nella scheda tecnica, tuttavia, si è preferito definire il percorso "escursionistico", oltreché "turistico", per il ragguardevole dislivello, che impone frequenti soste di recupero delle energie. Chi volesse ridurlo drasticamente consideri che buona parte del primo tratto è percorribile con una qualsiasi macchina. Naturalmente bisognerà trasformare l'itinerario in un semplice "andata e ritorno" per non ritrovare alla fine la salita evitata all'inizio. Un’ultima possibilità, anche se contraria allo spirito che anima queste righe: si può godere di quegli incantevoli paesaggi dal sedile di un'auto procedendo per la rete di carreggiabili che si intersecano nel punto focale del passo di Santa Barbara.
S'è detto della facile accessibilità; di conseguenza, la scelta del percorso è abbastanza arbitraria. Poiché l'ascesa qui descritta parte da Mareto e si ipotizza la provenienza da Piacenza, Farini d'Olmo è da considerarsi tappa d'obbligo. Sulla curva appena prima del ponte si gira a destra e, alla biforcazione che pochi metri più avanti si presenta, si procede diritto. Mareto è ben segnalato; quando vi si arriva lo si attraversa, seguendo le indicazioni per il parcheggio, posto all'uscita dell'abitato, e si lascia l'auto.
Fatti pochi passi sull'asfalto, naturalmente verso monte, si incontra un bivio al quale si tiene la sinistra; un cartello dell'Anas riporta la dicitura "Monte Aserei". Per mezz'ora la marcia procede sicura, su una larga strada sterrata che anche un'automobile normale potrebbe percorrere; si arriva a un'ampia radura sulla sinistra con il Fontanone, un abbeveratoio al quale è possibile dissetarsi, e una minuscola cappelletta in pietra, preceduta da un minuscolo vialetto di pini. Chi vuole può tagliare il tornante che segue attraversando il prato, come d'altronde è spesso possibile in questo itinerario; per avere un riferimento preciso, i tempi riportati sono riferiti alla percorrenza della strada principale. Ancora 5 minuti, e dalla sinistra parte un sentiero segnalato come "001 - Marcia Longa", a ricordare che di lì passa la tradizionale camminata annuale; lo si trascura, così come si farà quando lo si ritroverà sul crinale, già in fase di discesa.
Poco più avanti lo stesso sentiero proviene da destra, dal non lontano Monte Osero, e ancora lo si ignora; tra le due deviazioni ha fatto la sua comparsa il segnavia, riferito però alla Marcia Longa. Quando si cammina da circa 50 minuti è il momento di lasciare la strada e andare per pascoli; per essere certi del luogo (purtroppo il segnavia è scomparso dopo il secondo incrocio), si consideri che la strada è quasi pianeggiante e curva dolcemente a destra, mentre da sinistra scende un ruscello incanalato in un impluvio di cemento (può anche darsi che non porti acqua, dipende dalla stagione); 100 m davanti a sé, proprio sul gomito della curva, un prato sale ripido, solcato dalle ruote dei trattori e delle moto: quello è il percorso da seguire. In 10 minuti, al termine della salita, che ha lasciato in debito d'ossigeno, si è a quota 1.306 sulla Cima Liscaro, una delle tante cime che caratterizzano la cresta delI’Aserei; ricompare il segnavia biancorosso, questa volta relativo al sentiero 151 che viene dal Passo di Santa Barbara, e lo si segue a sinistra, accorgendosi dopo un quarto d'ora che si è all'interno di un gigantesco recinto.
Il cancello che lo delimita, e che sbarra il passaggio, è solo accostato; un cartello invita a richiuderlo dopo il transito per non lasciare fuggire il bestiame eventualmente presente. Ci si trova in un altro grande prato, il segnavia è scarso ma i solchi dei veicoli sono buone rotaie; la salita è ancora abbastanza sostenuta, ma dopo un altro quarto d'ora scarso si supera un'ulteriore staccionata, si entra in pineta e, 50 m più avanti, si è alla vetta. La sosta, condizioni atmosferiche permettendo, può protrarsi a piacere: si è in un paradiso dal quale si dominano pascoli a perdita d'occhio e piccole vallate. Da quando si riparte, la pineta diventa una sicura guida; la si segue a sinistra rispetto alla direzione dalla quale si è arrivati, stando però allo scoperto, in modo che il cammino risulti agevole. Si va così, in discesa quasi costante, lungo il crinale che punta verso il Monte Albareto, e dopo più di mezz'ora si incrocia il sentiero 001 che si era incontrato una prima volta poco tempo dopo la partenza da Mareto; per la terza volta non lo si considera e si tiene la pineta come linea guida.
Dopo 10 minuti ci si immette su un sentiero delimitato da un muretto a secco, e in un altro quarto d'ora si supera il Monte Albareto (non è un vero cocuzzolo, vale lo stesso discorso della Cima Liscaro) e si arriva all'intersezione con la strada bianca che da Ferriere, attraverso Cassimorenga e Nicelli, va a Mareto. La si segue a sinistra senza più difficoltà d'orientamento; in meno di 25 minuti si è a Nicelli, altri 20, ormai di asfalto, e si entra a Mareto, di fianco alla chiesa; ancora pochi passi e si è alla macchina.
Tratto da "Sentieri Piacentini" di Giorgio Carlevero
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