Statistiche web

Da Marubbi al Monte Armelio

Presentazione

Il paese di Perino è delimitato su tre lati da altrettanti corsi d'acqua. Il Trebbia, naturalmente, è il più importante, ma anche il torrente che dell'abitato porta il nome, proveniente dalla Cima Liscaro del Monte Aserei, scava un alveo ampio e profondo che la statale per Genova scavalca. Cugino povero degli altri due, il Rio Armelio confluisce nel Trebbia poco a monte di Perino. 

La strada che ha percorso prima di disperdersi è breve ma non per questo meno bella. Nato sulle pendici del Poggio Alto, nella sua discesa separa il Monte Armelio dal crinale che dal Poggio va al Monte Belvedere, crinale che racchiude sull'altro versante la silenziosa Valle Bergaiasca. Il Monte Armelio è quel pacifico gigante (o, almeno, finge di esserlo per la sua vicinanza all'abitato, che fa apparire maggiore del reale la sua modesta altezza di 903 m) che fa da sfondo a Perino quando vi si arriva da Piacenza. 

Quello che si vede dalla strada è il versante settentrionale, dall'aspetto, e di fatto, impervio, ma per salire alla cima esiste un agevole percorso che corre lungo il versante sud passando tra rocce e pinete. È un sentiero che tutti possono praticare, in moderata salita e privo di pericoli, e la soddisfazione finale è accresciuta dall'ottimo scorcio sul corso del Trebbia, di cui si possono seguire le anse fino alla Pianura Padana. Se la giornata è limpida la cerchia alpina è l'unico limite allo sguardo, se a valle c'è nebbia, invece, è facile assistere allo spettacolo dei vicini cocuzzoli appenninici che affiorano da un mare di bambagia. 

Se si è davvero fortunati, infine, i due scenari si fondono, con un mare di nuvole più basse dell'osservatore e i lontani colossi alpini che ne emergono, illuminati dal sole. La brevità del tragitto dà l'ulteriore opportunità di essere in vetta all'alba o al tramonto e di godere, quindi, di una luce di taglio dal forte impatto teatrale, capace di accentuare gli effetti suggeriti dalle condizioni atmosferiche.

L'avvicinamento in auto

Arrivati a Perino si prosegue in direzione Genova, stando però sul vecchio tratto di statale, quello che passa per il centro del paese. Usciti dall'abitato, dopo alcune curve, si gira a sinistra, seguendo le indicazioni per Boioli, Marubbi e Filippazzi. Al bivio dopo Boioli si sta a destra e si arriva a Marubbi, se ne esce e si parcheggia una cinquantina di metri oltre l'ultima casa, dove, sulla destra, parte una carreggiabile molto evidente.

L'escursione

Un cartello della via di Genova per Coli è all'inizio della carreggiabile che si percorre. Quasi subito, dopo cento metri, si incontra un bivio e si va a destra, momentaneamente in discesa, poi si guada un minuscolo ruscello, probabilmente asciutto se si è nella stagione calda, e poco dopo si entra in un boschetto (finora si è rimasti allo scoperto). 

Questo è l'unico punto dove occorre fare un po' d'attenzione per riconoscere il percorso da seguire: sulla destra c'è un prato che è attraversato dal sentiero che porta alla vetta, contraddistinto dal segnavia biancorosso che fa la sua comparsa, ma che ancora è piuttosto timido.

Passato il prato, lo stradellino si incanala in una macchia che progressivamente lascia il posto a un ambiente roccioso Si arriva presto, in salita, a quello che può essere definito un valico: davanti a sé il sentiero scende verso valle, si segue invece la diramazione a destra che ugualmente scende, ma subito risale verso un masso sul quale si distingue, a distanza, il segnavia; il monte, d'altronde, è inequivocabilmente alla propria destra e già se ne scorge la cima, con la croce bianca che la evidenzia. Si fanno i primi incontri con i pini che accompagneranno saltuariamente per tutto il cammino, purtroppo infestati da frequenti nidi di processionarie. 

Per il momento si cammina passando accanto alle macchie di conifere, senza mai entrarvi; intanto il Penice fa buona guardia a sinistra. Dopo circa 20 minuti dall'inizio dell'escursione si arriva a ridosso di una muraglia di pietra e si procede in un canalone in cui ogni tanto occorre aiutarsi con le mani, non per la pericolosità, come già detto inesistente, ma per aiutare un po' le gambe nella salita. 

Al termine, è questione di 2 minuti, si è sulla cresta e si domina anche l'altro versante: Boioli, Marubbi e, se si possiede occhio grifagno o, più semplicemente, un binocolo, si distingue anche l'automobile. In 5 minuti si arriva alla grande pineta ormai prossima alla vetta; inizialmente la si costeggia lasciandola a sinistra, continuando quindi ad ammirare il panorama alla propria destra. La pineta si dirada, poi si infittisce di nuovo e per la prima volta vi si entra; il sentiero prende a salire con decisione. 

Quando i varchi tra le piante lo consentono, guardando alle spalle è possibile scorgere il Lesima, riconoscibile grazie al grande pallone che copre i I radar dell'aviazione civile.

Ancora un piccolo sforzo (sono trascorsi circa 35 minuti dalla partenza) e si è in cima, vicino alla grande croce bianca che vi è stata eretta; sul segnavia appare il numero di itinerario 161. Come anticipato, si domina il percorso del Trebbia fino al Po, e sulla sinistra si segue il crinale che va dal Monte Pillerone all'Alfeo attraverso la Pietra Parcellara, il Penice e il Lesima. 

Si ritorna sui propri passi impiegando più o meno lo stesso tempo occorso per la salita, come spesso accade quando si cammina su un fondo roccioso, che invita ad appoggiare i piedi con un minimo di cautela, in discesa, per evitare scivoloni.

Tratto da "Sentieri Piacentini" di Giorgio Carlevero