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Nel tratto che lo porta da Vicosoprano a Confiente, l'Aveto scorre nella sua profonda scanalatura fra due poderose dorsali il cui essere spartiacque con il Trebbia e il Nure fa associare ad altre valli i nomi delle loro vette. Così si dimentica che Carevolo e Crociglia guardano dall'alto anche le acque del torrente che viene da Rezzoaglio e, dal lato opposto, altrettanto fanno i monti Veri e Dego, quest'ultimo, in particolare, tradizionalmente legato a Ottone. Se non è consueto salire alla chiesa del Monte Dego da Orezzoli, non è per questo meno bello, e consente di completare un anello di grande soddisfazione che culmina sui 1.522 m del Monte Oramara. Da lì, Alfeo e Lesima, Bue e Maggiorasca sono a portata di sguardo, come pure il paese di Santo Stefano d'Aveto.
Il dislivello non è irrilevante, ma la destinazione a escursionisti esperti data all'itinerario qui proposto è dovuta soprattutto alla presenza di una frana subito dopo la partenza, sulla costa che sale al Veri, frana che obbliga per poche ma significative decine di metri a inventarsi un percorso tra i cespugli affidandosi al proprio senso d'orientamento e facendo molta attenzione a dove si mettono piedi e mani, nel caso ci si imbattesse in una vipera. Pur senza lasciar dubbi di direzione, richiede grande attenzione anche la salita alla vetta dell'Oramara, che avviene in parte a ridosso di uno strapiombo che, al di là della pericolosità intrinseca, può disturbare chi soffre di vertigini. La fine del giro, tra Connio e Orezzoli, si snoda sull'asfalto. È una scelta obbligata dall'inagibilità del sentiero che unirebbe i due abitati scendendo a fondovalle e risalendo, ma che è invaso dalla vegetazione a causa della scarsissima frequentazione. L'allungamento che ne deriva non è però un male: permette di stare sempre più o meno alla stessa quota, e di ammirare la cascatella del Canale di Mereto, adiacente alla strada nel suo punto più meridionale.
Arrivati a Ottone si entra in paese e si segue la strada per Fabbrica e Orezzoli. A Orezzoli si parcheggia in una delle piazzole ai lati della strada, davanti alla chiesa. Alternativamente si può raggiungere Orezzoli senza passare da Ottone, ma lasciando la statale prima di Ponte Organasco, girando a sinistra per Cerignale, transitando poi per Cariseto e Selva. In questo modo si gode di belle vedute sul sottostante Aveto.
Dando le spalle alla facciata della chiesa, si ripercorrono 200 metri della strada asfaltata fino alla prima curva che piega nettamente a destra. Proprio lì, a sinistra, parte il sentiero per il Monte Veri, segnalato dal consueto bollo biancorosso del CAI. Lo stesso segnavia aiuta, 5 minuti più tardi, a orientarsi dove il sentiero perde un po' di nitidezza. E altri 5 minuti più avanti si trova il cammino sbarrato da una frana. Per togliersi dall'imbarazzo si consideri che, idealmente, il sentiero dovrebbe procedere dritto davanti a sé. Tenendolo presente, si aggira l'ostacolo spostandosi verso destra, dove lo sbarramento digrada, e poi tornando a cercare a sinistra il segnavia a monte dello smottamento, riferendosi anche a una piccola pineta non lontana, a sinistra della quale passerà il cammino. Ritrovato il segnavia, la salita riprende senza più incertezze, portando in 20 minuti al crinale che unisce il Monte Veri al Monte Dego. Il primo viottolo, non segnalato, che sale a destra porta alla vetta del Veri. Lo si trascura (oppure si sale alla cima e se ne fa ritorno) e, pochi metri più avanti, mentre allo sguardo si spalancano la Val Trebbia e, d'infilata, la Val Boreca, ci si immette nel sentiero 129 che, come ben indicato da un cartello affisso a un palo del telefono, proviene da Fabbrica e va al Dego. Si segue naturalmente quest'ultima direzione, a sinistra. La camminata è agevole, ottimamente guidata dal segnavia, e in un quarto d'ora porta ad aggirare il modesto Monte Spinarola.
In meno di 10 minuti ci si congiunge alla carreggiabile sterrata che consente di arrivare al Dego anche in auto. Lungo questa si procede in moderata pendenza per un quarto d'ora, poi si prende quota più decisamente finché, 5 minuti più avanti, si lascia la strada, che curva a sinistra, per entrare dritto nel bosco, ancora ben guidati dai segnavia (nel raggio di 10 metri se ne vedono 4). Si alternano tratti fra gli alberi, su un tappeto di foglie secche, ad altri parzialmente scoperti, dove si cammina sulla viva roccia. In meno di 10 minuti si arriva a una sterrata che sale da destra: si procede dritto per pochi metri, fino a ritrovare la carreggiabile lasciata prima, per riprendere a percorrerla verso destra, in salita. 10 minuti ancora, e ci si trova accanto a un grande pascolo in pendenza, sulla destra, delimitato da un reticolato al di là del quale, dal basso, arriva il sentiero 127.
Si va avanti senza lasciare la propria strada, aggirando quella che, a sinistra, è ormai la cima del Monte Dego, e in 6 minuti si arriva a fianco di un prato con una croce e un sacello dedicato al santo Antonio Gianelli; entrambe le testimonianze sacre sono poste a ricordo di una preesistente chiesetta, di cui ormai si intuiscono solo le linee di fondazione. Per raggiungere l'attuale chiesa sommitale del Dego basta seguire il tornante che aggira il prato e farsi portare a destinazione dal bollo biancorosso, cosa che avviene in meno di 5 minuti. Una volta ridiscesi al tornante che chiude il prato, si riprende la vecchia direzione di marcia e si entra nel fitto della vegetazione, iniziando così a costeggiare il Monte Boffalora. Per 15 minuti si cammina tra boschi e radure, avvicinandosi all'Oramara, che si erge sempre più imponente davanti a sé. Quando si arriva nella sella scoperta che precede il monte, dove il sentiero riprende a salire si abbandona il segnavia biancorosso, che piega a sinistra e rientra nel bosco, e si tiene il sentiero che volge leggermente a destra, in salita. Guidati dal nuovo segnavia, un bollino tondo giallo, si aggira il monte entrando nella faggeta, dove si cammina per un quarto d'ora abbondante, finché ci si accorge che la vetta è ormai alle spalle.
Si faccia allora attenzione: dove la strada piega a destra, in discesa, e a sinistra si apre una deviazione, anch'essa in discesa, un sentiero appena accennato sale ripido ancor più a sinistra, contraddistinto da un nuovo segnavia a triangolo giallo; il suo inizio è in prossimità di un cartello bianco "Provincia di Genova - ATC GE 2". Si sale, dunque, per quest'ultimo viottolo, e si raggiunge la cima dell'Oramara in meno di 10 minuti, superando tratti pericolosamente affacciati sullo strapiombo alla propria destra. Si scende dalla parte opposta, dove il redivivo segnavia biancorosso occhieggia al limitare della faggeta: è l'inizio del sentiero 131 per Connio. La discesa nel bosco è ripida, ed è resa più difficile dal tappeto di foglie morte; pericoli veri non ce ne sono, l'unico rischio è finire seduti per terra.
Dopo una dozzina di minuti si sbocca in un grande incrocio tra gli alberi: ci si immette nell'ampia strada che corre lungo il fianco sinistro, mantenendo sostanzialmente la propria direzione di marcia, seguendo l'indicazione per Connio. Ancora 5 minuti e, su una curva a destra, si abbandona la carreggiabile per entrare dritto nel bosco. 2 minuti più tardi si incontrano due bivi successivi: a destra al primo, a sinistra al secondo. 8 minuti e ci si innesta in una strada lungo la quale si segue ancora la propria direzione, ma solo per pochi metri, perché un cartello del CAI invita a prendere una deviazione a sinistra. Dopo un quarto d'ora scarso, su una curva a sinistra, si trova una fonte alla quale è possibile dissetarsi, e 10 minuti più tardi si intravedono le case di Connio, che si raggiungono presto, arrivando alla strada provinciale. Orezzoli è visibile sull'altro lato della valle, si segue l'asfalto verso sinistra e in meno di un'ora si conclude l'escursione.
Tratto da "Sentieri Piacentini 2" di Giorgio Carlevero
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