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Da Roffi alle Cascate del Lardana e al Lago Bino

Presentazione

In provincia di Piacenza i laghi naturali degni di portare questo nome sono soltanto tre, concentrati nella ristretta area delimitata da Ferriere e dai confini con le province di Parma e di Genova. Sono il Lago Nero, che è il più grande, il Lago Bino e il Lago Moo. Il Lago Bino è quello che occupa il bacino più piccolo, ma è il più profondo (3 m), e la superficie d'acqua è superiore a quella del Moo, ridotto per la maggior parte dell'anno a uno stagno affondato in una ampia radura. Il nome "Bino" deriva probabilmente dalla forma che fa pensare a due laghetti comunicanti.

Il principale motivo d'interesse, al di là della bellezza dei luoghi, è costituito dalla colonia di ninfee gialle (propriamente nenùfari) che abita il lato a nord­ovest dello specchio. È possibile ammirarne l'incantevole fioritura nel periodo del solleone (fine luglio - inizio agosto). A metà percorso le Cascate del Lardana, con una serie di salti per più di 50 m di altezza complessiva, offrono uno spettacolo naturale non comune dalle nostre parti. Al loro fianco si erge l'impervia Rocca dell'Aquila, cosiddetta perché gli abitanti della zona vi catturavano pulcini del rapace per farne dono alla duchessa Maria Luigia, il simbolo del cui casato era, appunto, l'aquila bicipite.

L'avvicinamento in auto

Superato Farini d'Olmo si procede in direzione Ferriere. Quando si raggiunge Cantoniera si abbandona la statale, che gira a destra e scavalca il Nure, e si va dritto, seguendo le indicazioni San Gregorio e Cassimoreno. Arrivati al borgo di Le Moline si entra nell'abitato (deviazione a destra) e, proprio in centro, si gira ancora a destra. Da lì si raggiungono San Gregorio (a sinistra all'incrocio che lo precede, ma è ben indicato) e Cassimoreno. Ancora un chilometro e si arriva a Roffi (884 m), dove la strada finisce e si parcheggia l'auto.

L'escursione

In mezzo a Rotti, a sinistra, due fontane costituiscono l'unica possibilità di riempire le borracce offerta dall'itinerario. Si parte attraversando il paese; il segnavia è quello classico bianco e rosso, evidente da subito. Dopo meno di cinque minuti (l'abitato è ormai alle spalle) si lascia la carreggiabile sterrata e si gira a destra; la svolta è ben segnalata da un piccolo cartello in legno che indica il Lago Bino e il numero di percorso 033. Altri cinque minuti e si entra nel fitto del bosco di faggi; la pendenza, fino a questo momento, è stata modesta o addirittura nulla. Si costeggia presto una radura originata dal lavoro dei taglialegna e, dopo meno di venti minuti dalla partenza, ci si affianca a un ruscello che si attraversa senza difficoltà. Non più di due minuti e, mentre la mulattiera prosegue, inducendo ad andare dritto, è necessario prendere una diramazione minore a destra. Attenzione, quindi, al segnavia, puntualmente presente.

La pendenza è moderata per altri venti minuti durante i quali si rimane nel bosco e si guada un altro corso d'acqua, poi la strada si inerpica e si esce allo scoperto. Ancora cinque minuti e si raggiunge la pietraia che l'alveo del Lardana separa dalla Rocca dell’Aquila. Ormai si cammina da quasi 50 minuti e si è alle cascate; vale senz'altro la pena di fare una buona sosta per godersi lo spettacolo. Il sentiero, che nella pietraia ha tenuto il torrente alla propria destra, lo scavalca con un ponticello tra gli alberi quasi alla base della caduta d'acqua, e subito inizia il tratto più impegnativo. È una ferrata (un cavo d'acciaio fa da corrimano) che fa guadagnare tutto il dislivello della cascata in tre minuti di salita. Il fondo è abbastanza franoso, quindi occorre attenzione; il pericolo, d'altronde, è solo quello di scivolare a terra senza farsi troppo male; un cordino d'aggancio (l'imbracatura è decisamente di troppo) è una precauzione saggia ma non indispensabile. Chi ha sufficiente padronanza della situazione può ammirare i bei lilium che crescono sulla scarpata.

Al termine si rientra nel bosco, sempre accompagnati dal segnavia; diverse tracce indicano brevi deviazioni a sinistra che consentono di affacciarsi sulla cascata (prudenza!). Il tragitto continua per trentacinque minuti con discreta pendenza, sempre tra gli alberi, finché si raggiunge il punto più alto del percorso (circa 1.350 m); si scende per cinque minuti e si sbuca quasi all'improvviso nel prato che scivola nel Lago Bino, a quota 1.298. Chi vuole può seguirne il perimetro salendo anche sul monticello che lo sovrasta (1.347 m.), dal quale potrà scattare belle foto panoramiche. Il ritorno segue la stessa strada. Attenzione, che la ferrata in discesa è più insidiosa.

Tratto da "Sentieri Piacentini" di Giorgio Carlevero