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Da Vezzolacca al Monte Palazza

Presentazione 

Risale alla primavera del 2005 l'inaugurazione, in Val d’Arda, di una fitta rete di sentieri segnalati concentrata in un quadrato di tre chilometri di lato, delimitato a nord da Vezzolacca e a sud da Dadomo e Bore. È un'area montuosa ammantata di alberi, che culmina nelle cime dei monti Mu, Lucchi e Palazza. La capillare marcatura con il classico segnavia biancorosso operata dal CAI è tanto più meritoria in quanto la vicinanza in linea d'aria del Parco Provinciale sembra assorbire l'attenzione dei turisti più che diffonderla ai comprensori limitrofi. Rimossi o, quantomeno, alleggeriti i problemi di orientamento, la camminata tra Vezzolacca e Dadomo diventa un piacevole modo per trascorrere una mezza giornata all'aria aperta.

La salita al monte Palazza, che non presenta un cocuzzolo ma un morbido crinale, avviene in tutta sicurezza. Meno tranquillo è il tratto d'avvicinamento a Dadomo, perché qua e là cedimenti del terreno hanno trasformato il sentiero in una sottile striscia che taglia pendii abbastanza ripidi. La moderata attenzione richiesta in quei punti è ampiamente compensata da alcune fugaci aperture panoramiche sul corso dell'Arda e, più vicino a Dadomo, dal quieto paesaggio della ristretta valle del Rio Palazza.

L’avvicinamento in auto 

Entrati a Lugagnano si seguono le indicazioni per Morfasso, tro­vandosi presto a costeggiare il bacino artificiale di Mignano. Quando il lago è ormai alle spalle si volta a sinistra per Vezzolacca. Raggiunto l'abitato lo si attraver­sa fino ad arrivare alla chiesa (propriamente ci si trova in loca­lità Poggio); lì si imbocca la via che parte dal fondo della piazzet­ta, a sinistra, e si procede fin quasi a uscire dal paese. Dove la strada piega a sinistra si nota, a destra, sull'esterno della curva, una mulattiera che, in pochi metri, conduce a una cappelletta. Quello è il punto di partenza della passeggiata. 

L'escursione 

Si transita accanto alla cappelletta e, poco più avanti, ci si imbatte in un trivio: si prende a destra, seguendo l'indicazione per Osteria e Dadomo; dalla sinistra (segnalati monte Palazza e Bore) si farà ritorno. La salita inizia solo dopo un breve tratto in discesa; accanto al segnavia classico, biancorosso, appare ogni tanto quello giallo-azzurro dell'ippovia. In 4 minuti si arriva a un successivo trivio di cui si percorre il braccio centrale, dritto in salita, entrando per un'ampia strada in un castagneto popolato di esemplari secolari. 10 minuti dopo si sta a destra, in discesa, a una biforcazione; si tenga presente che per arrivare al Rio della Palazza, prima di Dadomo, occorrerà aver perso un centinaio di metri di quota. Per 3 minuti il cammino è un po' disagevole a causa del fondo sassoso, poi, mentre il sentiero piega a destra, si nota un'apertura tra gli alberi a sinistra che dà su un prato in mezzo al quale un albero riporta, ben visibile, il cartello “921 - Osteria – Dadomo”. A sinistra, dunque, e, in fondo al campo, ancora a sinistra. Inizia un tratto in cui il sentiero è meno nitido e il segnavia rivela tutta la sua utilità; si cammina a mezza costa, qualche volta affacciandosi fuori dal bosco, percorrendo ogni tanto tratti resi infidi da smottamenti.

Poco dopo aver passato un ruscello, o il suo greto asciutto, si sta a sinistra, verso l'alto, ignorando la deviazione a destra. 10 minuti più avanti si guada il Rio della Palazza, risalendo un po' faticosamente la ripa; si è toccato il punto più basso del percorso, è naturale, adesso, aspettarsi un lungo tratto di salita. Lasciata alle spalle la ripa si percorre il lato sinistro di un prato, puntando sul palo del telefono davanti a sé; a destra, in lontananza, si vedono alcune case di Osteria. Usciti dal prato proprio dove c'è il palo ci si immette in una carraia seguendola a sinistra, in salita. Si cammina così per 10 minuti (intanto, sulla destra, si è potuto ammirare il bel campanile di Bertollo, seminascosto da un'altura), finché si entra a Dadomo. Quando, in mezzo al paese, si incontra l'asfaltata, la si percorre verso sinistra fino alle ultime case, lasciandola su una curva a destra per seguire, a sinistra, la stradina con il cartello che indica Vasconi, Monte Lucchi e Luneto (925 è il nuovo numero di sentiero). Subito ci si trova a salire dritto attraverso campi, tenendosi alla destra del filare di piante e rovi che li taglia; arrivati in cima si piega a sinistra, rimanendo così paralleli per qualche decina di metri all'asfaltata che corre poco più in là.

Quando, in meno di un minuto, si raggiunge un altro filare (come riferimento, la strada asfaltata che si sta costeggiando curva a destra e si allontana) e ci si accorge di essere a un crocicchio, si imbocca il secondo sentiero che va a destra, guidati dal segnavia (attenzione ai primi due segnavia, vicinissimi, che sembrano definire una porta attraverso cui passare, invogliando così ad andare dritto: è sbagliato, si deve andare a destra). Un quarto d'ora dopo si va dritto, trascurando una strada di uguale importanza che si stacca a sinistra, e lo stesso si fa un istante più tardi. In meno di cinque minuti si arriva a innestarsi, andando dritto, sul sentiero che proviene dal Monte Costaccia, presso Bore. Tre minuti dopo, dove la strada si impenna girando a destra accanto a un acquedotto, la si abbandona entrando dritto nel bosco, come dice chiaramente un bollo biancorosso. Un quarto d'ora occorre per arrivare a innestarsi in una mulattiera e a seguirla verso sinistra; cinque minuti ancora e ci si immette nel sentiero 923, tenendo la sinistra (verso destra un cartello indica i monti Lucchi, Mu e il paese di Bore). Subito dopo si sta ancora a sinistra, in piano, ignorando una discesa a destra, e altrettanto si fa al bivio successivo, tre minuti più avanti. 

Presto si raggiunge la poco appariscente cima del Palazza, riconoscibile più che altro per l'inizio della discesa e, soprattutto, per un cartello che ne dichiara l'altezza di 911 metri. Un quarto d'ora dopo si sta a destra, sulla principale, e tre minuti più avanti ci si immette, andando dritto, in una strada che scende dalla destra; vi si rimane per un solo minuto, perché il segnavia biancorosso invita a staccarsene, andando a sinistra in discesa ripida; attenzione, perché l'altro segnavia, quello giallo-azzurro dell'ippovia, prosegue nell'altra direzione e va ignorato. In successione abbastanza rapida (5 minuti) si ignorano due deviazioni a sinistra (la prima attorno a una staccionata) per poi ritrovarsi al punto di raccordo dell'itinerario, il trivio descritto in apertura; si piega a destra e, in breve, si raggiunge l'automobile.

Tratto da "Sentieri Piacentini 2" di Giorgio Carlevero