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L’Anello della Val Curiasca di San Michele

Presentazione

Figli delle pendici del Monte Aserei, i due torrenti Curiasca, quello di San Michele e quello di Rosso, scendono in un ambiente insolitamente selvaggio fino al Trebbia, confluendovi all'altezza di San Salvatore il primo e di Brugnello il secondo. Quest'ultimo veste gli scomodi panni del parente povero, perché quando si parla di Val Curiasca senza precisare altro, come in queste pagine, ci si riferisce immancabilmente alla valle del Curiasca di San Michele, più famosa non tanto per la bellezza (quella di Rosso ha poco da invidiare), quanto per la più facile agibilità che, nel corso dei secoli, ha portato allo sviluppo di insediamenti umani, primo fra tutti il paese di Coli, posto a chiusura della parte alta della vallata. In automobile è possibile percorrere agevolmente un'ampia frazione dell'anello che collega tutti i piccoli borghi della zona, ma il viandante ha il vantaggio di poter compiere un giro completo, che lo riporta al punto di partenza senza mai farlo tornare sui propri passi; e, soprattutto, può immergersi nel fitto della vegetazione e fingere di essere lontano mille miglia dalla civiltà.

Come viene presentato in questa sede, l'itinerario prevede una lunga variante nel bosco con guado del torrente e risalita da una scarpata; l'assenza di segnavia in quel tratto non rende difficile l'impresa, perché la mulattiera è sempre evidente e, quando finisce, si procede a vista attraverso i prati con le case di Fossoli a offrire un comodo riferimento. Il problema è costituito dalla grande frana che ha inghiottito il sentiero appena prima del guado; in quel tratto occorre muoversi con molta prudenza, appoggiando spesso le mani al suolo e aggrappandosi ai rami più sicuri. Superato l'ostacolo, la traversata del Curiasca è il secondo punto dolente, ma solo in presenza di molta acqua, situazione non molto frequente in estate. La risalita verso i prati, superato il torrente, avviene infine su un pendio friabile che può preoccupare i meno esperti. Poiché l'escursionista accorto non è alla ricerca di sfide, ma di un sereno contatto con la natura, niente di meglio, se le condizioni atmosferiche e di terreno lo consigliano, che tornare alla strada asfaltata che corre più in alto e arrivare in modo più urbano al traguardo.

L'avvicinamento in auto 

In fondo al rettilineo che costeggia il quartiere industriale all'uscita da Bobbio si gira a sinistra per Coli; raggiunto il paese si entra nella piazza e, appena prima di aver completato l'ampia curva che l'area di parcheggio obbliga a compiere, si imbocca una stradina a destra, ben segnalata, raggiungendo in meno di un chilometro Boioli. Si lascia la macchina al cartello di ingresso nel borgo. 

L'escursione

Per 50 m si ripercorre la strada asfaltata dalla quale si è arrivati e all'incrocio, anziché girare a destra, per Coli, si volta a sinistra, seguendo i cartelli per la via di Genova e alta Val d'Aveto. Il segnavia biancorosso appare subito e rimarrà a lungo fedele compagno di viaggio; il numero di sentiero, a volte riportato, è il 141. Dopo 8 minuti di discesa si incontra un primo bivio al quale si trascura il tornante che piega a sinistra e si prosegue diritto, confortati da un segnavia visibile poco più avanti. Si sta scendendo tra lecci e ginestre verso il fondo valle, e il boato del Curiasca si fa sentire sempre più vicino; lo si raggiunge con altri 5 minuti di marcia e lo si supera grazie a un ponte in pietra. Per la prima volta si vede una freccia segnaletica per le Grotte di San Michele, che saranno meta di una breve e piacevole variante poco più avanti; al momento, però, la direzione da seguire è comune. Si risale nel bosco per 10 minuti, passando anche accanto a ruderi di casupole in pietra, quindi si incontra, e si segue, una deviazione a sinistra, un vero lastricato in roccia con tanto di segnavia e cartello per le grotte.

Dopo meno di 10 minuti una scaletta di sassi a sinistra, con corrimano in legno, è l'inizio della deviazione che, in 5 minuti, porta alle grotte. La stradina è inizialmente in discesa, poi riprende quota, e sempre richiede attenzione, perché si affaccia su scarpate, anche se la presenza di molti alberi garantisce l'innocuità (quasi) di un'eventuale scivolone. Le grotte sono in realtà un incavo nella roccia in cui furono costruite due chiesette, oggi ridotte a ruderi. San Colombano trascorse qui la Quaresima del 615; gli edifici furono eretti in memoria dell'evento, anche se il secondo fu dedicato a San Michele. Si rientra dalla variante (il sentiero che porta alle grotte è cieco) e si riprende il cammino tra enormi castagni; ogni tanto si incontrano ramificazioni del percorso, ma si tratta di deviazioni che rientrano in poche decine di metri, generate dai rivoli provocati dagli acquazzoni e, purtroppo, anche dalle ruote delle moto.

Dopo 20 minuti la salita lascia il posto a un falso piano scoperto. Si cammina per un quarto d'ora sul crinale, accompagnati a destra dal bel panorama che, talvolta, si apre anche a sinistra, lasciando vedere Coli e il Monte Sant'Agostino. Quando ci si innesta sulla strada che porta a Telecchio (l'abitato è in vista, a qualche centinaio di metri) si gira stretto a sinistra, lasciando quindi le case alle spalle. 5 minuti e, su un'ampia curva a destra, si riconosce una larga mulattiera che sale a sinistra, in corrispondenza di un cartello turistico per Coli, naturalmente orientato in senso contrario a quello di marcia. Questo è il punto in cui decidere se seguire integralmente l'itinerario proposto, girando a sinistra (i tempi indicati si riferiscono a questa scelta), oppure proseguire sulla principale, segnata Cai 141, che, come la deviazione, raggiunge Fossoli, punto estremo dell'anello, ma passando anche su asfalto attraverso Costiere, Barche e Roveri; questa seconda scelta è altamente consigliata se si è in compagnia di bambini o se si desidera una camminata tranquilla.

In cima alla rampa della mulattiera, non più lunga di 30 m, si ha una veloce visione dell'Aserei prima di immergersi, in discesa, nel fitto del castagneto. Il segnavia è assente (si tratta di una variante), ma sarebbe del tutto superfluo, perché il sentiero è una sorta di autostrada silvestre. Dopo mezz'ora si recupera un po' di quota, poi, in meno di 10 minuti, si arriva vicino all'acqua; occorre aggirare la frana e scegliere il punto favorevole al guado ma, se non ci si sente sicuri, è buona cosa fare dietro front. In condizioni normali un quarto d'ora è sufficiente per superare frana, torrente e successiva scarpata e trovarsi sui prati in vista di Fossoli; non c'è sentiero, ma basta seguire le tracce dei trattori per entrare nel paese e ritrovare il segnavia: a sinistra, per un po' si rimarrà sull'asfalto. Alla prima deviazione, 20 minuti più tardi, si sta a sinistra, sempre guidati dall'onnipresente segnavia, e si passa all'interno di Cornaro, dove è possibile ricaricare le borracce, poi, ad Agnelli, che è appena più avanti, si gira ancora a sinistra e si ritorna sullo sterrato da cui, presto, si dominano Faraneto e la parrocchia di Peli sulla destra. Proprio a Faraneto si arriva dopo 3 ore di marcia effettiva; se non si desidera visitarlo (ma ne vale la pena), si segue il tornante a sinistra e ci si immerge nuovamente nel bosco, tenendo ancora la sinistra poco più avanti, fedeli alle indicazioni biancorosse. Quando, mezz'ora dopo, si è in vista delle spettrali spoglie di Castel Magrini, la strada risale, valica una cascatella, costeggia il castello e raggiunge le case di Magrini in 10 minuti. Usciti dal borgo si segue la strada che scende a sinistra e in meno di un quarto d'ora si ritrova la vettura.

Tratto da "Sentieri Piacentini" di Giorgio Carlevero