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Tra la Buca della Balena e Badagnano

Presentazione 

Al termine dell'era cenozoica, nel periodo denominato Pliocene, i mammiferi andavano affermandosi dopo aver spezzato l'egemonia dei rettili. Era l'epoca in cui Piacenza, se già fosse esistita, si sarebbe trovata in fondo al mare, parafrasando il titolo del bel libro di Carlo Francou. Condizioni climatiche profondamente diverse dalle attuali e una crosta terrestre non ancora sollevata dai movimenti tellurici susseguitisi nei milioni di anni che ci separano da quei tempi fecero sì che le balene potessero nuotare dove adesso sorgono colline. 

Proprio i resti di una Balenoptera acutorostrata cuvierii furono rinvenuti in una voragine a quasi quattrocento metri di quota, sulle alture che separano Badagnano da Lugagnano. Dal giorno del ritrovamento quella profonda infossatura del terreno è diventata per tutti la "buca della balena", e da lì prende il via una passeggiata che, scendendo lungo il crinale destro della valle del Rio Carbonaro, porta fino al greto del torrente per risalirlo dallo sbocco nel Chero fino a circa metà del suo corso. 

L'alveo del Carbonaro, immerso nel bosco, è un'area di grande interesse naturalistico; numerosi cartelli segnalano le specie animali e vegetali diffuse nella zona. È quindi facile individuare degli autentici "fossili viventi" quali gli equiseti, piante sopravvissute allo scorrere delle ere geologiche. Purtroppo la manutenzione del tracciato lungo il greto è limitata al primo tratto, quello in cui la valle non è ancora molto stretta. Dove questa si stringe, e diventerebbe necessario salire sulla costa alla sinistra idrografica, il sottobosco è abbandonato a se stesso, con un intrico di arbusti e tronchi caduti che ostruiscono il passaggio. Rimane così impossibile tornare al punto di partenza completando un anello (le sorgenti del Rio Carbonaro non sono lontane dalla buca della balena), ma il fascino di questa escursione attraverso il tempo rimane immutato.

L’avvicinamento in auto 

A Carpaneto si prende a destra per Veleia. Si supera Badagnano e, circa 300 metri dopo il ponte sul Chero, si gira a sinistra per Polignano e Prato Ottesola. Si percorre tutto il tratto di salita fino al valico, posto su una curva a destra in località Osteria (poco prima, come riferimento, si è passati accanto alla deviazione per Piazze). Proprio sul valico si lascia la vettura, in prossimità dell'ampia sterrata che si stacca a sinistra.

L’escursione  

Si imbocca la strada sterrata che parte dall'esterno della curva e, dopo qualche decina di metri, si scende nel ramo destro della biforcazione che si incontra. Si cammina per meno di 2 minuti e, dove la mulattiera piega a destra e la discesa si fa più ripida, ci si affaccia sulla sinistra, cercando un passaggio tra gli alberi: l'impressionante voragine della buca della balena si apre davanti ai propri occhi (e, soprattutto, sotto i propri piedi: prudenza!). Una volta soddisfatti della sosta, si ritorna alla biforcazione incontrata in partenza e vi si gira verso destra, riprendendo la direzione iniziale. Dopo 5 minuti si procede dritto, ignorando la svolta a gomito a sinistra, e ancora dritto si va 2 minuti più avanti, trascurando un'altra diramazione a sinistra. Rimanendo così sulla principale si raggiunge, in altri 5 minuti, la strada che da Biasini va verso Diolo; ci si trova in prossimità di un acquedotto, si gira a sinistra, in direzione Biasini, e in breve il panorama si apre sul castello di Magnano. Si mantiene la strada maestra su una curva a sinistra, ignorando una deviazione a destra, ma la si abbandona 2 minuti dopo, dove piega a destra mentre, sulla sinistra, si apre una radura costeggiata da un sentiero: è quello il percorso da seguire. Si va a sinistra, dunque, addentrandosi un po' nel bosco. 

Dopo 5 minuti di marcia senza dubbi si incontra un bivio al quale si procede dritto in discesa, e altrettanto si fa 2 minuti più tardi. Presto il crinale si scopre e la vista si apre sulla valle del Chero a monte di Badagnano. Si passa accanto a un vigneto e si raggiunge una cascina da cui parte una comoda strada sterrata verso destra: la si imbocca e la si percorre per pochi minuti, scendendo ancora e avvicinandosi all'alveo del Chero, che scorre alla propria destra. Ormai in piano si cammina verso le abitazioni che hanno fatto la loro comparsa davanti a sé finché, 50 metri prima di quelle, sulla sinistra, in mezzo ai campi, si riconosce una traccia di sentiero che punta verso un diradamento degli alberi dove è già visibile, dalla distanza, un grande cartello della Riserva naturale del Piacenziano. Raggiunto il pannello si gira a destra, poi subito ancora a destra, rimanendo in piano ed evitando le deviazioni in salita. In questo tratto fanno da guida alcune frecce indicatrici su cartelli della riserva. 

In 3 minuti si arriva a una staccionata che fa da guida al limitare del campo, poi ci si addentra gradualmente nel bosco, lungo il Rio Carbonaro, dove si trovano pannelli descrittivi delle specie che si incontrano, dalla carice all'ontano nero, dal tiglio all'equiseto. Ogni tanto si attraversa il torrente, guadandolo o superando ponticelli fatti di tronchetti trasversali. Così camminando si arriva, in poco più di 10 minuti, al capolinea dell'escursione: nel terreno, in un allargamento dell'alveo è infisso un grande cartello riepilogativo delle peculiarità del parco; appena più in là il bosco si infittisce e il sentiero è inghiottito dalla vegetazione. È il momento di tornare sui propri passi. Difficoltà nel ripercorrere la strada già nota non se ne incontrano, è sufficiente mettere in conto una salita abbastanza ripida, ma breve, per raggiungere la quota di Biasini. L'unico punto in cui la svolta potrebbe sfuggire è forse quello più alto del percorso, quando si sta puntando in direzione Diolo e si deve girare a destra per tornare alla macchina. Per non lasciarselo sfuggire si faccia riferimento alla casupola dell'acquedotto, posta proprio al bivio. 

Tratto da "Sentieri Piacentini 2" di Giorgio Carlevero