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La minuscola frazione di Mareto (nel comune di Farini) si trova a 955 metri sul livello del mare; è un puntino sperduto tra gli Appennini che d’inverno conta pochi abitanti, ma tra questi uno speciale: la patata di montagna, un ortaggio povero figlio di una terra straordinaria come la Val Nure., declinato in piatti che sono diventati nel tempo patrimonio nella tradizione.
Il professore Alberto Moia, più di mezzo secolo fa, ebbe l’idea di importare questo tubero in Val Nure; test e analisi sul campo gli permisero di accertare che il terreno di Mareto era la miglior culla per la patata. Animato dall’interesse di studioso, ma anche dalla passione per un territorio isolato, lanciò la patata come strumento per dare l’espiro all’economia di un’area sofferente.
Oggi questo “oro giallo” della terra è ancora il protagonista incontrastato di Mareto e dei paesi limitrofi. Questa coltura non necessita di trattamenti laboriosi; la raccolta avviene tardivamente, per adattarsi alle temperature più basse della montagna.
Anche in Val d’Arda, nel comune di Vernasca (e più precisamente nella piccola frazione di Vezzolacca) la coltura della patata è ormai una tradizione, non importante come in Val Nure, ma comunque significativa.
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