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Pisarei

Se gli anolini si configurano come la più alta espressione della cucina ricca piacentina, i pisarei sono certamente il piatto più rappresentativo della cucina povera di cui oggi si parla spesso, soprattutto riferendosi al passato quando si cucinava con quello che c’era più che con quello che piaceva: si realizzano infatti con farina e pane raffermo.

Alla parola “pisarei” vengono attribuite due possibili origini: una storpiatura del termine piacentino “bissa” che significa biscia, come la forma delle strisce di pasta dalla quale si ricavano poi i gnocchetti, oppure una derivazione del vocabolo spagnolo “pisar”, che indica l’azione con cui si conferisce ai gnocchetti la loro classica forma. 

Solitamente sono accompagnati con un sugo di fagioli e conosciuti come "pisarei e fasò", una ricetta le cui origini si perdono nella notte dei tempi; una leggenda narra che questa pietanza fosse offerta dai monaci già in epoca medioevale ai pellegrini e ai viandanti. I pisarei e fasò rimandano alla cucina contadina: il sugo è realizzato con le cotiche (le parti meno nobili del maiale) e i fagioli. La ricetta originale non prevedeva l’aggiunta di pomodoro, perché ai tempi era ancora sconosciuto in Europa; si trattava di una minestra servita barzotta, quasi brodosa, assolutamente con asciutta. 

Curiosità: si racconta che a Piacenza la futura suocera controllava il pollice destro della futura sposa per verificare una leggera callosità, segno dell'abitudine a confezionare i pissarei.